RIFLESSIONI A MARGINE DEL DISCORSO DEL PRESIDENTE HU JINTAO IN OCCASIONE DEL 90° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DEL PARTITO COMUNISTA CINESE


mercoledì 30 novembre 2011

Il sondaggio natalizio!

La parola ai lettori

Proponiamo qui i primi due dei molti commenti pervenutici dai primi lettori del libro, che ringraziamo per aver scelto senza esitazione di ordinare Il Risveglio del Drago. Politica e strategie della rinascita cinese.






Chi non fa inchiesta non ha diritto di parola. Questa celebre massima di Mao deve spronare tutti coloro che vogliono avere una visione oggettiva e disincantata sulla Cina odierna e passata a leggere Il Risveglio del Drago. Questa lettura offre una visione di insieme sul fenomeno cinese partendo da un'analisi storica e culturale, necessaria per comprendere le condizioni che hanno portato ai moti rivoluzionari e all'affermazione della via cinese al socialismo, arrivando all'analisi economica, strategica e geopolitica della nuova Cina, e che ne hanno permesso un così rapido sviluppo. Il libro è scorrevole e piacevole nonostante i numerosi dati e documenti, grazie anche alle tante citazioni. Un’appassionante lettura che smonta numerosi luoghi comuni offrendo al lettore la possibilità di conoscere davvero un fenomeno così particolare come quello della Repubblica Popolare Cinese ‘liberandolo’ dalla propaganda mediatica 
(Ettore Chiorra, Genova)



 
Ottimo testo, partorito da due autori estremamente preparati sull'argomento i quali, armati di dati oggettivi e di logica, si impegnano nel contrastare i quotidiani preconcetti sinofobi purtroppo propri della nostra sinistra” 

(Lorenzo Scala, Roma)

sabato 26 novembre 2011

Agenzia Stampa Italia intervista Andrea Fais

(ASI) Nello scenario internazionale odierno, ci rendiamo conto che probabilmente l'era unipolare avviata all'indomani della dissoluzione sovietica, sta volgendo al termine. E' forse presto per annunciarlo con certezza, ma tutto lascia pensare che siamo già entrati da tempo in una lenta ma progressiva fase di transizione che potrebbe presto condurci all'interno di un ordine multipolare, come effetto immediato dell'emergere di nuove o rinnovate potenze mondiali. Il BRICS - l'alleanza economica che raccoglie Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica - e l'alleanza militare russo-cinese nata in seno all'organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO), lasciano intendere che questo sarà il secolo delle nuove contrapposizioni tra l'Ovest e l'Est, in forme senz'altro nuove ed inedite, ma secondo un copione che fatica a tramontare.
L'ascesa della Repubblica Popolare Cinese è il fenomeno che più di altri sta conquistando la ribalta delle cronache mondiali, sia per le enormi potenzialità economiche del gigante asiatico sia per la crescente potenzialità militare delle sue strutture difensive.




 

Abbiamo raggiunto Andrea Fais, giornalista e saggista, collaboratore della Rivista "Eurasia" e co-autore - assieme a Diego Angelo Bertozzi - del libro Il Risveglio del Drago. Politica e strategie della rinascita cinese, recentemente pubblicato dalle Edizioni all'Insegna del Veltro, col patrocinio dell'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliare (IsAG). Qual'è la ragione fondamentale del vostro lavoro e cosa vi proponete di sostenere lungo i capitoli che ne costituiscono la ricostruzione analitica?

Principalmente, la ragione fondamentale è quella di cercare di penetrare la realtà della Cina odierna, a partire dalle sue origini e dalle premesse storiche e politiche che ne hanno determinato l'ascesa mondiale, sino ad oggi. L'importanza delle fonti dirette e dello studio della storia della Repubblica Popolare nel suo intero complesso risulta determinante per avvicinarsi quanto più possibile al punto di vista cinese e, dunque, sfatare quei luoghi comuni e quelle vulgate che - a vario titolo e contenuto - cercano di disinformare il pubblico occidentale, scatenando un'ondata di sinofobia senza precedenti.


Quando parli di sinofobia, a cosa ti riferisci in particolar modo?


Beh, chiaramente a tutti quei personaggi che, da vari punti di vista, persino diversissimi fra loro, cercano di individuare nella Cina un nemico dell'umanità o un paese "canaglia", per usare un gergo bushiano. Passiamo, dunque, dai vecchi residuati dell'era del linbiaosimo e della rivoluzione culturale, per lo più ormai riciclatisi nelle "redazioni militanti" e nelle stanze dei bottoni del "pensiero unico atlantico", pronti ad accusare la Cina post-maoista di "tradimento capitalista" o "revisionismo ideologico", fino a giungere a quei settori della destra tradizionalmente sinofobi, che dietro vaghe rivendicazioni filo-tibetane nascondono il vecchio motto colonialista ed imperialista del "pericolo giallo". Si tratta di distorsioni ideologiche e di falsificazioni che ricoprono l'intero dibattito in Europa ed impediscono di conoscere la Cina nella sua concreta realtà di nazione socialista alla ricerca di una sua degna collocazione internazionale, e - per dirla con il rivoluzionario Sun Yat-sen - di una condizione di eguaglianza tra le nazioni.


Torniamo al libro. Come si sviluppa e di cosa parla nel dettaglio?

Il nostro libro è suddiviso in tre parti. La struttura principale è composta dai due saggi, rispettivamente elaborati da Diego Angelo Bertozzi e dal sottoscritto. Il saggio di Diego risale sino al periodo ancor oggi considerato fondamentale in Cina, per comprendere le ragioni rivoluzionarie del 1949: l'era delle aggressioni coloniali e delle guerre dell'oppio. Quello andato in scena tra il 1840 e il 1945 viene ancor oggi ricordato dai cinesi come il secolo delle umiliazioni, allorquando l'Impero dei Qing cadde rovinosamente sotto i colpi della corruzione interna, delle rivolte sociali, ma soprattutto dell'arroganza e dell'imperialismo stranieri. In tal senso, il saggio mette in luce la storia del Partito Comunista Cinese come forza di riscatto nazionale, oltre che sociale, operaia e contadina, sino alle sue più recenti vicende interne e alle riforme operate da Deng Xiaoping e finalizzate all'apertura ed all'opera di sviluppo detta delle "quattro modernizzazioni". Il mio saggio comincia invece con una più recente riflessione dell'analista statunitense Samuel Philip Huntington, cercando di capire in che modo il ruolo "nazionale" del Partito Comunista Cinese si sia sviluppato nel corso degli anni dal punto di vista strategico, approfondendo dunque tutte le complesse vicende della politica di amministrazione territoriale interna, della politica di difesa e della politica estera della Cina popolare, individuando diverse analogie fra la tradizione cinese antica e medievale, e la strada intrapresa lungo gli ultimi cinquant'anni.
Chiude il libro il discorso pronunciato il primo luglio scorso dal Presidente Hu Jintao in occasione delle cerimonie di celebrazione per il 90° anniversario della nascita del Partito Comunista Cinese, qui proposto in versione integrale tradotta.


La Cina è oggi molto attiva nel Continente Africano. Questo ha spesso prestato il fianco ad accuse di neo-colonialismo o a critiche nei confronti di Pechino. Quanto c'è di vero?

Nulla. La Cina ha avviato proprio nel 2000 un summit definito Forum On China-Africa Cooperation, che vede Pechino impegnata in prima linea nella risoluzione degli atavici problemi del Continente Nero. La cooperazione segue i criteri che animano la politica estera della Cina sin dalla Conferenza di Bandung, cioè i principi della coesistenza pacifica fissati nel 1955 da Zhou Enlai e poi sviluppati in base ai più moderni e realistici criteri della win-win strategy e del soft power "passivo", per così dire. Reciproco vantaggio e mutua assistenza sono in sostanza i parametri con cui la Cina sta già da anni ottenendo importanti risultati, avendo risolto il problema del debito per circa una trentina di Paesi Africani, e avviando piani infrastrutturali ed industriali che stanno cercando di fornire alle nazioni più povere dell'Africa le basi sociali ed organizzative per uno sviluppo autonomo ed indipendente, a partire anzitutto dalla stabilità politica senza intromissioni o ingerenze di alcun genere negli affari interni degli altri Paesi. Chi parla avventatamente di colonialismo cinese in Africa, forse ha dimenticato di guardare cosa è successo in Libia pochi mesi fa e cosa è avvenuto in Costa d'Avorio, o comunque dovrebbe spiegarci perché a leader sovrani e pienamente legittimi come Robert Mugabe o Omar al-Bashir è tutt'ora vietato l'ingresso negli Stati Uniti e in Europa. Senz'altro, il comportamento del "nobel per la pace" Obama, di Cameron e di Sarkozy, oltre che del nostro Paese, risponde molto di più ai criteri di quello che duecento anni fa veniva definito colonialismo.


L'IsAG che ha patrocinato la vostra pubblicazione, è un Istituto fondato nel 2010 e ormai sempre più attivo nella ricerca e nell'attività saggistica. Cosa puoi dirci di più a tal riguardo?

L'IsAG è nato a Roma nel 2010 su iniziativa di alcuni associati. Il presidente è Tiberio Graziani, che è anche direttore della rivista Eurasia, di cui l'IsAG è l'istituto di riferimento ufficiale. Nel corso degli ultimi dieci mesi sono già stati pubblicati Capire le rivolte arabe. Alle origini del fenomeno rivoluzionario di Pietro Longo e Daniele Scalea, e Progetti di Egemonia - neoconservatori statunitensi e neorevisionisti israeliani a confronto di Francesco B. Zanitti. Si tratta di testi di alto valore analitico che, attraverso una lavoro di ricerca e di studio, cercano (con successo) di mettere in luce i più stringenti temi della geopolitica, della geostrategia e delle relazioni internazionali nel loro complesso generale.
Senz'altro, poter avere il patrocinio di questo Istituto è stato per noi un grande piacere, che speriamo possa contribuire ad incuriosire i lettori.


mercoledì 23 novembre 2011

Obama l'"australiano" minaccia la Cina

Un nuovo patto militare Usa-Australia  
Un ferro vecchio e in disuso come l’Anzus [2], che negli anni ’80 ha visto pure defilarsi la nuova Zelanda, viene ora rinvigorito in funzione del contenimento della presenza cinese in un’area calda, come quella del Mar Cinese meridionale ricca di risorge energetiche, interessata da dispute sulle acque territoriali che vedono Pechino confrontarsi soprattutto con Vietnam e Filippine. Queste ultime fin dal 1898, a seguito della vittoria della guerra con la Spagna e la dura repressione del movimento nazionalista locale [3], hanno costituito la tradizionale base d’appoggio degli Stati Uniti in vista di una penetrazione in Cina e della partecipazione alla sua spartizione. La base di Darwin, che si aggiungerà quindi ad una cintura già attiva delle basi americane delle Isole Marshall, di Guam e di Okinawa, si configura come una struttura logistica indispensabile per l’operatività statunitense nei mari del sud.

sabato 12 novembre 2011

RUSSIA E CINA IL SOCIALISMO IN DUE SOLI PAESI

Allo stato attuale, fra tutte le nazioni emerse durante la lunga stagione del Socialismo Reale, l’unica grande potenza rimasta in piedi è la Repubblica Popolare Cinese, rafforzata da trent’anni di riforme e aperture, introdotte attraverso la Teoria delle Quattro Modernizzazioni originariamente pensata da Liu Shaoqi per risolvere la crisi seguita al fallimentare Grande Balzo in Avanti, e poi ripresa ed adeguatamente sviluppata da Deng Xiaoping. La strada del socialismo con caratteristiche cinesi è ormai ben avviata ed i risultati sin qui ottenuti hanno dato ragione al gigante asiatico, che vede incrementare il benessere collettivo della sua folta popolazione, e soprattutto il suo prestigio e la sua credibilità sul piano internazionale: un fondamentale perno per una saggia politica di proiezione strategica che coniughi cooperazione, bilateralismo, reciproco rispetto, sviluppo e sicurezza collettiva, appaiando i principi della coesistenza pacifica di Zhou Enlai con una rielaborazione cinese dei concetti di win-win strategy e di soft-power.

Leggi l'articolo completo di Andrea Fais (Strategos) >>

martedì 8 novembre 2011

I rapporti di forza e lo Stato come "processo costante"

La repressione di Piazza Tien An Men, pur tuttavia, è ancora oggi utilizzata da gran parte degli opinionisti occidentali come un’arma di ricatto morale da puntare contro la Cina all’occorrenza, assieme alla questione tibetana, alla questione uigura e alla crisi taiwanese. La nuova vulgata di propaganda che oggi si sta affermando in Occidente è chiara e limpida: il vero successo della Cina sarebbe costituito dalla crescita economica, mentre per tutto il resto permarrebbero i pesanti problemi di un Paese “autoritario” e di una società “chiusa” e “nazionalista”.

Leggi l'articolo di Andrea Fais pubblicato su Conflitti e Strategie >>

La Cina e il rifuto dell'egemonia

Nell’ottobre di quest’anno il governo della Repubblica popolare cinese ha reso pubblico il Libro Bianco “La Cina e il suo sviluppo pacifico" con il quale viene ribadito che l’ascesa della potenza cinese sul piano internazionale ha carattere pacifico e che lo sviluppo economico ha come obiettivi l’uscita completa dal sottosviluppo – anche in questo documento viene specificato che “per un lungo periodo storico, la Cina resterà ancora un paese in via di sviluppo” - e la garanzia di benessere crescente per una popolazione di 1 miliardo e trecento milioni di persone.

Leggi l'articolo di Diego Bertozzi pubblicato su Marx21 >>